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Reale e raffigurazione artistica hanno un rapporto che si può far risalire alla notte dei tempi. Pablo Picasso e altri autori del suo tempo hanno rivoluzionato l’idea che l’arte dovesse essere solo una rappresentazione fortemente veritiera del reale. Tale idea era stata investigata anche precedentemente, mai però con siffatti risultati.



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Questo scarto, definito dall’autore come de-coincidenza, ha tolto la pittura da una salda aderenza alla contingenza. Tale limite valicato può però presupporre una nuova, inusitata, ricerca verso il reale. La modernità ha rivoluzionato la precedente coincidenza tra tale presupposto e la pittura. Proprio andando oltre a questo confine la contingenza non può quindi avere una sua declinazione peculiare. Non per nulla Jeffrey Deitch, nella mostra Post Human all'inizio degli anni Novanta, aveva presentato una nuova presa di contatto dell'arte dopo la disgregazione del reale. Dal rivolgimento proposto già dal moderno è nato anche questo. Inoltre c'è anche dell'altro.


Secondo l'autore, la vita si dispiega solo da scarti dalla “ retta via “. La chiusura del mondo in certi vicoli chiusi non può che provocare una ricerca di apertura per chi non vi si adegua. Nelle proprie regole del gioco l'arte presuppone una non conformità al puro reale. Qui si muove la de-coincidenza, la quale attiva sempre una promessa di mutamento per l'avvenire di tutti. In tale percorso ci si può imbattere pure nella creatività, proponendo nuove possibilità esistenziali per l'intera umanità.


- Stefano Taddei



François Jullien


Il gioco dell'esistenza. De-coincidenza e libertà


Feltrinelli, pp.128

 
 

Un profondo concetto di bellezza si è legato all’arte per tanto tempo. La contemporaneità ne ha sicuramente modificato tanti assunti. Certamente il nostro tempo mette la bellezza in relazione all'estetica, una sensibilità però esemplificata per la prima volta solo nel XVIII secolo con la pubblicazione nel 1750 di Aesthetica da parte di Alexander Gottlieb Baumgarten. E prima ?



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Umberto Curi propone alcune piste che ci aiutano a comprendere un tragitto del concetto fino alla nostra civiltà. Simone Weil in uno scritto del 1942 ha posto le basi per un’indagine di come tale giudizio non possa che legarsi ad altri che lo sostengono o implementano. Certamente il periodo greco ha espresso una formulazione molto diversa dall’attuale ma che vedeva la bellezza legata ad un vivere che aveva nella morte il suo punto topico. Non era quindi una forma stabile che rendeva il concetto ma una sorta di ideale. Con Platone il bello si interseca al vero. Una sorta di lampeggiare nella realtà sensibile rimanda a tutto ciò. Tale bellezza non è però ancora una forma fissata e quindi rimane ulteriormente limitata da questo impedimento. Per Aristotele è la poesia che è connessa con la conoscenza perché si occupa dell’universale. Un racconto – in riferimento alla tragedia - ben costruito genera quella meraviglia molto vicina al filosofare. Questo stupore coinvolge le passioni che sono all'origine della conoscenza. Tutto ciò anela al vero. Ma, nella cultura greca antica, non si sta ancora parlando di tematiche estetiche come le concepiamo nella nostra congiuntura. Con Plotino si continua a sostenere che la bellezza non è una questione misurabile ma è apparizione di qualcosa che mette in conflitto le emozioni di appagamento e patimento. Il termine in ballo per tutto ciò è thàmbos. Egli perciò si pone sulla stessa via indicata dai Greci. Anche in siffatto caso non c'è ancora alcun riferimento ad una possibile prefigurazione della disciplina dell'estetica. Arriviamo finalmente ad una svolta con Rainer Maria Rilke. Il termine deinòs - che allude ad uno stato di sgomento molto vicino al termine riguardante Plotino - utilizzato da diversi autori nella Grecia dell'età arcaica e quella classica ci può aiutare a comprender appieno tale mutamento. Per Rilke il bello è il tremendo. Da qui si comprende che tale concetto non riguarda per nulla il gusto. Si ritorna allora a degli scritti di Simone Weil degli anni Quaranta del Novecento. Il bello diventa qui una sorta di sconvolgimento che riempe di felicità e porta allo spirituale. Dopo tutti questi esempi, per Umberto Curi, c'è solo allora un andare avanti verso il bello, sicuri che non si potrà raggiungere mai una fissa esemplificazione.

- Stefano Taddei

 
 

Chi non apprezza la musica di Lady Gaga non può non (ri)conoscerne la peculiare visione. Le due questioni poi sono intimamente legate. I suoi videoclip sono certamente manifestazioni artisticamente complesse. Non le uniche.


Alessandro Alfieri  Lady Gaga. La seduzione del mostro  Arte, estetica e fashion nell’immaginario videomusicale pop  Arcana, pp. 173
Alessandro Alfieri Lady Gaga. La seduzione del mostro Arte, estetica e fashion nell’immaginario videomusicale pop Arcana, pp. 173

L ’artista americana ha seppellito il mito di Madonna, declinando una nuova modalità musicale nello star system. Uno degli assunti del testo è che con l’autrice americana siano saltati i confini tra cultura alta e bassa. In questo è pienamente un fenomeno pop. L'artista poi attinge a quelle forze della globalizzazione che hanno proposto in una dimensione estetica ammaliante e fagocitante tante soluzioni delle avanguardie artistiche, flirtando pure con il brivido come confronto con l’alterità in nome di una declinazione del mostruoso intrigante per il fruitore. Lady Gaga è autrice che accosta tranquillamente canzone e visione nel momento creativo, ambito in cui ha attivato caratteristiche peculiari anche grazie all’altissimo livello dei collaboratori. Certamente, e nel testo è rilevato puntualmente, l’autrice ha saputo implementare nella pop music una serie di riferimenti ad altri generi musicali come quelli desunti dalle creazioni visive del Reverendo Marilyn Manson. In tanti sensi Lady Gaga è pienamente inserita nella creatività postmoderna, grazie al suo saper combinare stili desunti dal passato e saperli ricodificare nell’attualità. L’artista è inoltre un fenomeno che utilizza la moda, senza subirla ma diventandone una protagonista. In congiunture transestetiche come queste il kitsch è un valore da perseguire e questo non manca in Lady Gaga. Un’artista come Francesco Vezzoli da tempo offre una ricerca congruente a ciò e anche l'autrice americana non ne pare immune. In tale apparato visuale, per mezzo di una teatralizzazione incessante che sfonda pure i confini morali tra umano e inumano, mutano indelebilmente anche le differenze di genere. Tramite questa, diversificata, estetizzazione si compiono perciò diverse incursioni nella contemporaneità. Nel libro si propongono pure confronti con altre icone pop. Resta la peculiarità rappresentata da Lady Gaga, artista imprescindibile che non propone solo musica ma utilizza con competenza creatività molteplici.


-Stefano Taddei


Alessandro Alfieri

Lady Gaga. La seduzione del mostro

Arte, estetica e fashion nell’immaginario videomusicale pop

Arcana, pp. 173

 
 
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