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La tragica fine della vicenda umana di Francesca Alinovi ha certamente oscurato la grande vitalità critica della sua vita. Questo testo – comprendente una raccolta di articoli apparsi su riviste, giornali e cataloghi dal 1976 al 1983 - cerca di restituire la giusta dignità a tale peculiare percorso snodatosi tra la fine degli anni Settanta e l’inizio del decennio successivo.



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Bologna, in quel lasso di tempo, era in un periodo d’oro dal punto di vista delle ricerche in vari campi artistici. Il libro in questione è una ricerca che presenta parecchi e rilevanti testi scritti dalla studiosa nelle sue scorribande critiche. Alcuni di questi testi sono inediti. Il libro restituisce una radicale impresa critica che ha visto Francesca Alinovi muoversi tra varie ricerche e differenti ambiti territoriali. Non mancano gli scritti sull’Enfatismo, movimento accompagnato fin dagli albori dalla critica d’arte presso la galleria Neon ( 1981-1983 ) e che trova nel libro una pregevole nota da parte di uno dei protagonisti, Ivo Bonacorsi. Bologna, come si scriveva prima, era un fulcro di notevoli sperimentazioni artistiche. Tutto ciò non poteva che trovare il proprio riferimento oltreoceano in New York. In ambito internazionale si muove Francesca Alinovi, organizzando tra l’altro le Settimane Internazionali della Performance dal 1977 al 1982. Tanti artisti gravitano attorno a lei, senza dimenticare lo scouting che fece per e con certi artisti americani ai più sconosciuti. Italian Wave, mostra organizzata presso la Holly Solomon Gallery di New York nel 1980, è solo uno di altri capitoli come quello postumo ma da lei ideato della rassegna Arte di frontiera. New York graffiti alla Galleria d’Arte Modena di Bologna nel 1984. Una sensibilità peculiare quella di Francesca Alinovi, che seppe coniugarsi con altre realtà del periodo. Purtroppo la studiosa non poté cogliere appieno quanto seminato copiosamente.


- Stefano Taddei



Francesca Alinovi


a cura di Matteo Bergamini e Veronica Santi


postmedia books, pp. 320

 
 

La nostra vita costellata da incontri con episodi. Tali situazioni del normale vivere lasciano indelebili tracce nel sussistere la mondo.



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Daniel Gustav Cramer, Moon, 2020

Quattro libri rilegati in pelle / four leather-bound books, cm 24 x 18 x 4 cad. / each, dettaglio / detail

Courtesy SpazioA, Pistoia

Photo by Camilla Maria Santini



Daniel Gustav Cramer, nella mostra Portraits, propone una restituzione personale di un proprio archivio del sussistere. Tale corpus non fa riferimento solo ad episodi eclatanti ma si confronta anche con quei tragitti che sembrano più laterali.



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Daniel Gustav Cramer, Laika, 2020 francobolli, testo inciso su due lastre di cemento /stamps, engraved text on two concrete slabs lastre di cemento /concrete slabs : cm 29 x 21 x 1 - cm 15 x 21 x 1 / cornici / frames : cm 50 x 38 x 4 cad. / each, dettaglio / detail

Courtesy SpazioA, Pistoia

Photo by Camilla Maria Santini


Tali opere diversificate, che possiedono un commento scritto dall’autore, sono un rimando alla “ gettatezza “ dell’essere al mondo. Il riferimento è a vari materiali ritrovati in una vita e la giustapposizione di tali rimandi è una modalità per dipanare i veri ritratti dell’esistere, quelli nati dal confronto con “ il non mai definitivamente conoscibile “.



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Daniel Gustav Cramer, XXXIX, 2020

sfera di legno trovata (posizionata fuori dalla portata) / found wooden sphere (placed out of reach), cm 9 ø, dettaglio / detail

Courtesy SpazioA, Pistoia

Photo by Camilla Maria Santini


Tali elaborazioni aprono al pensiero qualsiasi visione o documentazione scritta, segno evidente delle enormi possibilità del genere umano d’imparare dal prossimo, anche quello che ci appare il più lontano.


- Stefano Taddei


Daniel Gustav Cramer


Portraits


Spazio A

Via Amati 13,

Pistoia


fino al 20.03.2020

MAR - SAB 11 - 14 / 15 - 19 o su appuntamento


t/f +39.0573.977354


info@spazioa.it

 
 

Spesso ci sentiamo circondati da un profluvio di rappresentazioni che ci appaiono le uniche sensate. Niente di più sbagliato. E' quanto ci racconta nella propria mostra personale Luca Lanzi.




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ORBITA, 2019, pigmento blu su carta japan applicata su tela,107x96cm


L'autore presenta una serie di opere in cui il reale viene evitato per andare più al succo dell'essere al mondo. Ecco quindi che in mostra si possono trovare differenti elaborazioni che vertono tutte su un unico viatico d'indagine: l'archetipo. Tale riferimento ineludibile ci presenta una sospensione dal normale fluire immaginifico dell'attualità.



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GORGONE, 2018, terracotta filo cera d'api, 24x18x120cm




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Qui ci si confronta con il sostrato più autenticamente misterioso dello stare al mondo, dove le rappresentazioni sono fluide perché non hanno ragione di essere stabilizzanti. Una grande immagine, non circoscrivibile ad un mero referente, attraversa la storia del mondo, un immenso mistero se si delinea in tantissimi rivoli di senso.



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FETICCIO, 2018, terracotta e gesso


Unificare questo retroterra culturale è impossibile, oltre che inutile. Luca Lanzi ci propone elaborazioni in cui l'ideale supera il reale. Tale modalità estetica si rivolge ad un'origine che trasvaluta tutti i passaggi temporali del passato e del presente. Anche il futuro ci appare meno fosco se sappiamo rivolgerci a questo magma creativo che parla della nostra, plurisecolare, umanità.


- Stefano Taddei


Fino al 26 febbraio


L’ARIETE artecontemporanea


Via D’Azeglio 42


Bologna



 
 
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