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CARLO GALLI, Ideologia, il Mulino, pp. 168

Aggiornamento: 30 dic 2022



Siamo in congiunture in cui di ideologia è meglio non parlare, pena non farsi capire dal mucchio selvaggio della moltitudine. Nel mondo dell’arte la situazione non è migliore. L’autore ci spiega come questo concetto si è evoluto, in chiave principalmente politica ma che non può che aver influenzato altri ambiti, non ultimo quello artistico.


L’ideologia, innanzitutto, è un modo per guidare il soggetto a sposare certe idee e, sovente, non si deve esemplificare. Sussiste a se stessa. Passioni e simboli aiutano le forze mobilitanti ideologiche. Qui l’arte può avere un grande potere d’ancella di certe concezioni del mondo. Ideologia, per l’autore, è sia critica che progetto. Difficile rimane però darne una definizione definitiva. Da Platone in poi si è pensato alla realtà come apparenza, dive andare a scoprire qualcosa di altro. Qui si generano nuovi mondi, s’immagina, in senso metafisico, di portare l’Idea nel mondo. Qui l’arte non rimane muta ma tenta di assecondare questa modalità. Per Heidegger il mondo si muta tramite la stessa crisi di una determinata congiuntura grazie “ alle forme oltre-concettuali della poesia “. Per Adorno non c’erano più opere d’arte ma prodotti dell’industria culturale e le ultime generazioni francofortesi tentano una critica ideologica dall’interno-esterno. Si arriva a Žižek, che pensa che il simbolico, come atto e non come ideologia, sia l’unico modo di cambiare lo status quo. L’umanità, dalla modernità, pare avere nelle proprie mani il suo destino. La scienza, già al tempo di Bacone, criticava l’ideologia come conoscenza abituale. Ciò deve riverberarsi nella società e diventa arma politica. Lo Stato è ordine ma c’è anche chi vuole altro, come ci dimostrano gli esempi di Spinoza e Rousseau. La nascita del capitalismo genera una nuova società europea, pure con una specificità intellettuale. Alla fine del Settecento nascono grandi diatribe tracollettività e politica statale. La ragione si fa ideologia di un mondo dove deve esserci uguaglianza civile ma non sociale. Con la Rivoluzione francese fede e ragione escono rimpicciolite ad ideologie. Hegel le criticherà entrambe, altri accuseranno ideologie successive, segno che la verità del pensiero sono estremamente precarie. Anche la Chiesa cattolica si è dovuta confrontare con il turbinio della modernità e ha dovuto esemplificare una propria dottrina sociale. Poi, durante l’Ottocento, si staglia anche il conservatorismo ma il vero cambio di marcia non solo ideologico sarà la rivoluzione russa del 1917. Qui la verità trionfa sull’opinione. E’ anche la fine della libertà espressiva per tanti autori. Solo gli artisti che si adeguano al Regime totalitario avranno possibilità espressive. Poi sarà la volta di fascismo e nazismo. Il fascismo sembra quello più lontano ad un’ideologia, “ definendosi più come un pragmatismo”. Resta il fatto che in questi tre regimi la dottrina è totale e vi è il tentativo del dominio totale delle coscienze. Dopo la Seconda guerra mondiale, fino al dissolversi dei regimi comunisti, il mondo si è diviso tra totalitarismo e società aperte. Tra Sessanta e Settanta cresce il femminismo ma è dal 1991 che la struttura occidentale liberaldemocratica-capitalistica risulta vittoriosa, ad eccezione della Cina e del suo tipico comunismo. Il neoliberalismo, dove la politica deve solo aiutare l’economia, ha lasciato molti cadaveri. Ogni sapere diventa abilità e diviene “ pensiero unico “. Chi controlla certi centri di comunicazione ha più possibilità di successo, anche in campo artistico. Non bisogna avere grandi idee per emergere, ci vogliono quelle del momento o le amicizie giuste nei canali giusti. L’arte sposta il proprio baricentro, anche lei sempre più asservita al capitale. L’autore, non facendo più gruppo, si trova a redimersi in tale sostrato finanziariamente dominio. Il neoliberismo non ha mantenuto le proprie promesse e sono nate nuove ideologie che però non hanno ancora potuto soppiantare l’esistente. Lo stesso si può notare nell’arte, dove agli intellettuali si sono sostituiti i personaggi televisivi. Siamo in un mercato delle verità, dove reale e virtuale si innestano uno con l’altro nel politicamente corretto e dove sorgono rivendicazioni che vogliono riscrivere la storia. La società aperta si mostra molto più limitante per l’essere ma permangono ideologie, sovente confuse, che ancora tendono ad un cambiodella solita politica. Anche l’arte può avere la sua parte in questa situazione in itinere.


STEFANO TADDEI


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