ARMONIA 5.0 e Le forme dell’umanità: al Mattatoio di Roma le mostre che indagano l’essere umano
- Redazione

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Dal 12 novembre 2025 al Mattatoio di Roma, i Padiglioni 9a e 9b accolgono un doppio progetto espositivo che riflette sull’identità, sulla frattura e sulla possibilità di una ricomposizione: Armonia 5.0. Allorché di due farete Uno di Otello Scatolini, a cura di Claudio Strinati, e Le forme dell’umanità di Keisuke Matsuoka, curate da Tomoko Asada.

Nel Padiglione 9b, Otello Scatolini presenta Armonia 5.0. Allorché di due farete Uno, a cura di Claudio Strinati.
Scatolini. da oltre quindici anni, modella marmo, resine, piombo, oro e pigmenti in un equilibrio alchemico di forze. La sua scultura non “occupa” lo spazio: lo respira.
Le sue forme monumentali sembrano liquide, sospese. La materia pesa, ma si comporta come acqua.
Il titolo, Armonia 5.0, allude a un aggiornamento evolutivo dell’umano: non più dicotomia, ma fusione dei contrari. Emblema concettuale della mostra è Androgino (2015), creatura ibrida ispirata all’Uomo Vitruviano ma proiettata nel XXI secolo, corpo-sintesi che non divide, non separa, non sceglie, ma incorpora. Poco distante, Uovo Cosmico (2005) incarna l’archetipo del principio: l’arte come atto generativo, guarigione, magia primordiale.
Una sezione potente è dedicata alla scrittura: colata nel piombo, incisa nell’oro, impastata nei dipinti o incorporata nella scultura, appare come un linguaggio segreto, un brusio indecifrabile. Titoli come Grida e sussurri o Mo(a)rmorio ribaltano il presente rumoroso in meditazione: la parola non comunica, evoca. Non urla, vibra. Per la prima volta, il pubblico potrà entrare nello studio mentale dell’artista attraverso visori 3D: un’esperienza immersiva nell’atto creativo, guidata dallo stesso Scatolini in visite performative dedicate.

Nel Padiglione 9a, Keisuke Matsuoka, nato a Miyagi nel 1980, capovolge il punto di osservazione. Se Scatolini cerca l’unione, Matsuoka parte dall’esplosione. Le sue sculture scoppiano, si frammentano, si ricompongono in forme che non negano la ferita ma la rendono struttura.
Nell’opera Rifugiato gravità, un volto in ebano si disfa in schegge mappate sulla parete: identità esplosa che diventa paesaggio. In A tree man, un corpo magnetico in legno, ferro e titanio si carica di polvere metallica come un organismo vivente, dimostrando che ogni identità è un campo di forze, attrazione e perdita. Il ciclo Refugees – ideato durante la sua residenza in Italia – non parla dei confini geografici, ma di quelli interiori: essere rifugiato non come condizione geopolitica, ma come destino potenziale e universale di ogni individuo.
Matsuoka usa vetro, cera, titanio, ferro, legno, magneti: materiali che si dissolvono, attirano, migrano, riconfigurano. Il suo processo creativo, materico e concettuale, coincide con il respiro stesso della natura: creare, distruggere, ricomporre. Nell’ultima sala, bozzetti, diari, calchi e prove consentono al pubblico di abitare il laboratorio dell’artista, percepire l’attrito del fare, l’errore come forma, la metamorfosi come metodo.

L’allestimento complessivo diventa così un dittico sulla condizione contemporanea: da un lato la tensione all’Uno, dall’altro la consapevolezza della frattura. In entrambi i casi, però, non esiste nichilismo: esiste metamorfosi.
Mattatoio di Roma
Piazza Orazio Giustiniani, 4
Date
11 novembre 2025 - 12 gennaio 2026






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