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Desmond Morris, La scimmia artistica L’evoluzione dell’arte nella storia dell’uomo, Rizzoli, pp. 320

L’autore del libro parte con due affermazioni: l’arte ci rende unici rispetto le altre specie e rende peculiare la nostra esistenza.



L’arte è legatissima alla nostra storia evolutiva. L’impresa pare ardua ma l’autore se la cava bene.

Le capacità cerebrali e il parlare hanno fatto dell’uomo la specie dominante. L’arte nasce nei festeggiamenti per una raccolta o l’uccisione di una preda. Tutto ciò creò decorazioni, vestiario del corpo e racconti orali di quello che era successo. Questa era già arte.

L’autore parla poi di esperimenti con primati e non, affermando che il vertice per una scimmia – sovente semplici scarabocchi - è l’inizio dell’arte infantile. I bambini sanno passare dallo scarabocchio alla figura. Anche da ragazzo un essere ha tutto un mondo ulteriore da scoprire.

Sappiamo che le arti visive si svilupparono prima della parola. Il ritrovamento di un sasso in un fiume porta alla scoperta della prima opera d’arte, una sorta di faccia, nota oggi come Makapansgat Pebble. Fu una sorta di objet trouvé, che non è ancora creazione umana ma denota un apprezzamento estetico di chi lo ha raccolto. I primi segni di pigmenti colorati si sono trovati di Twin Rivers, vicino a Lusaka nello Zambia, mentre il più antico oggetto d’arte è la Venere di Tan Tan, rinvenuto in Marocco nel 1999 e databile tra i 500 000 e 300 000 anni fa. Poi ci sono state altre veneri scoperte dove l’intervento dell’uomo è stato accertato. Attorno alla punta meridionale del Sudafrica si sono trovati i primi kit per dipingere. Alcune veneri rinvenute venivano utilizzate dalle donne come portafortuna per essere ingravidate. Creare nuova vita andava a braccetto con la ricerca di produrre nuove esistenze terrene.


Intorno a 26 000 e 24 000 anni fa risale la grotta di Chauvet, non l’unica scoperta che aveva animali dipinti all’interno. Sono dipinti, nei soggetti immortalati, ben proporzionati. Potevano essere celebrazioni di uccisioni di animali o tentativi di placare divinità superiori. Graffiti risalenti a 26 000 anni fa sono stati trovati in Australia. Tale attività viene svolta anche oggigiorno dagli aborigeni. E’ un arte fantasiosa, non legata alla realtà e con figure umane stilizzate. Ciò perché erano simboliche e designano la proprietà di un territorio da parte di certe tribù. In Patagonia si sono trovate pareti con mani dipinte e pare, dalla misura delle stesse, fossero di opera femminile. Anche nello Utah si sono trovate in grotte figure umane stilizzate. Nel Mali sono dipinti scenari di rito. Tutte queste rappresentazioni hanno, comunque e sempre, funzione comunicativa. Con il Neolitico l’uomo diventa più stanziale e si sono ritrovati templi, rilievi e statue devozionali molto vicine alle veneri del Paleolitico. I talismani erano fatti per avere buone messi e cambiano più o meno forma. Poi arrivano i megaliti, di cui ancora sconosciuto rimane l’utilizzo. In siti megalitici maltesi furono ritrovati un tempio e una figura florida sdraiata. Siamo quindi in presenza ancora di culti prettamente femminili. L’autore passa poi in rassegna l’arte tribale contemporanea, come le donne dei Padaung della Birmania che portano al collo anelli di ottone che lo rendono straordinario. Nel Kenya e i Maori si fanno tatuaggi perenni che ricordano la body art. Il libro arriva a discorrere dell’arte antica. Qui le persone più potenti facevano della loro dimora una opera d’arte. Tramite la griglia gli artisti egizi potevano avere un riferimento per le varie costruzioni. Ciò porta l’arte però ad essere rigida, dato che deve rappresentare il potere. 2 000 anni fa, sotto la dominazione romana cominciano ad apparire rappresentazioni umane e pittoriche diversificate. L’arte greca diede movimento alla figura umana scultorea, anche perché la divinità aveva fattezze umane. Qui si raggiunse una sorta di perfezione. Peccato sia arrivato poco di originale dalla Grecia classica. I templi, colorati, sono diventati modello per edifici pubblici, anche recenti, ovunque. Furono anche decoratori di vasi eccellenti. Furono innovatori anche nella pittura e questo lo fecero anche i Romani.

I Romani, più pratici, non innovarono però così tanto la ricerca estetica, appoggiandosi al già fatto e visto ma riuscendo a fare opere durature. A Pompei sono sopravvissuti notevoli affreschi e la popolazione latina era abituata anche a decorare con mosaici i pavimenti. C’è un opera d’arte che in grandezza pare non avere eguali. E’ in Cina. Stiamo parlando della tomba di Qin Shi Huang, costruita nel III secolo a.C. e “ sorvegliata “ da un esercito immenso. Con la caduta delle civiltà antiche si passa all’arte tradizionale controllata per buona parte dalla Chiesa. Si inventò la pagina, le narrazioni si trasformarono alla stregua di un fumetto. Con il Decimo secolo l’arte europea entrò in contatto con quella araba e ciò portò ad un’arte ibrida molto interessante. Nel XII secolo, nella cattedrale di S. Maria Assunta sull’isola di Torcello si ritrova un esempio di mosaico di fattura bizantina, autori che godevano di grande popolarità, come anche la tecnica musiva. Giotto rinnova la ieracità delle figure divine, rifacendosi alla tradizione greco-romana. Poi con il Rinascimento arriverà Masaccio a rinnovare la prospettiva, poi sarà la volta delle innovazioni di Michelangelo e Leonardo che ulteriormente portarono avanti dei rinnovamenti artistici. Hyeronymus Bosch si espresse con una libertà che assecondava i propri sogni più perversi.

Non ci sono solo i soggetti sacri nella pittura cinquecentesca, i Brueghel si occuparono, senza moralismi di vita quotidiana. Anche Arcimboldo, Grünewald e Hans Holbein si manifestarono come piuttosto liberi nelle proprie opere. El Greco eCranach presentano versioni allungate del corpo umano, poi è la volta di Caravaggio, un delinquente che sapeva dipingere divinamente. Poi sono i Paesi Bassi ad avere il bandolo della matassa e Remabrandt, mentre ad Anversa operò Rubens, senza scordarci i soggetti umili immortalati da Vermeer. Un grande ritrattista seicentesco fu Diego Velázquez e su una sua opera ritornò, cioè il ritratto di papa Innocenzo X ( 1650 ), in modo ossessivo nel Novecento Francis Bacon.

Ritrattistica e natura morta ebbero il sopravvento nel Seicento, poi Nicolas Poussin, che lavorò a Roma e quindi fu influenzato dall’arte classica, designo una peculiare modalità di paesaggio con persone.

Dal Settecento i collezionisti cercavano temi secolari, dove Canaletto, ad esempio, produsse tantissime vedute più popolari in Gran Bretagna che a Venezia. In Francia Boucher dipinse scene lussuriosi, mentre Hogarth ritraeva soggetti popolari ma satirici.

Per il paesaggio il vero rivoluzionario fu J.M.W. Turner che, all’inizio dell’Ottocento, fu affascinato dalla luce del sole, il fuoco e altro per dipanare dipinti con pochissimi dettagli riscontrabili. La Rivoluzione francese vide l’emergere di Ingres, con soggetti neoclassici mentre dall’altra parte della barricata si muoverà Delacroix, autore di opere che sprizzano dinamismo. Attento alla vita dei contadini sarà Millet.

E’ la volta di Édouard Manet, figura basilare per passare dal realismo a soggetti diversi che porteranno alla nascita dell’impressionismo. Tali ultimi autori esordirono nel 1874, furono derisi dal pubblico ma, alla fine, l’ebbero vinta. Essi declinavano opere in cui le pennellate corte e spesse, vìcoloravano le ombre ed erano attentissimi alla luce. Il più importante del bgruppo fu Claude Monet.

In seguito Signac e Seurat utilizzarono il puntinismo per esemplificare i propri quadri. Ben più importante, anche se senza successo, fu la ricerca di Gauguin e Van Gogh, dove il colore non era naturalistico ma doveva essere simbolico. Cézanne divise la realtà in forme geometriche.

Nell’Ottocento ci fu anche l’invenzione della fotografia, alcuni autori la cominciarono ad utilizzare per farne dipinti più realistici ma ci fu chi, come gli impressionisti, cercò un altro approccio alla contingenza.

Anche per tale motivo l’autore definisce l’arte del Novecento come post-fotografica. Sgravati dal reale, gli artisti non fotografi sono liberi di sperimentare, anche se sarà un guazzabuglio di brevi esperienze. Picasso è la testa di ponte dell’arte geometrica, cioè slegata dal ritrarre il reale. La figura umana fu ancora indagata dall’artista spagnolo. Nel 1 909, con l’amico Braque diedero vita al movimento del cubismo. Poi arrivarono i suprematisti russi, capitanati da Malevič, autore di un astrattismo estremo che la dottatura russa non comprese. Un altro russo, scappato dal proprio paese e considerato il padre dell’astrattismo fu Vasilij Kandinsky. Fu anche un notevole teorico. Piet Mondrian, negli anni Dieci, fu influenzato dall’astrattismo che influenzerà anche autori americani Ben Nicholson. Anche lo statunitense Mark Rothko modulò un’immagine astratta per tutta la vita, proponendo minimi cambiamenti. Rendendo meno ordinarie le rappresentazioni della natura e della figura umana nel 1905 un nucleo di autori furono battezzato “ Le belve “. Il più rilevante del gruppo fu Henri Matisse, mentre Vlaminck estremizzarono il già estremo magistero di Van Gogh. Durante la Seconda Guerra mondiale è la figura umana che si distorce, mantenendo un sentore organico. Esempi di ciò sono Sutherland e lo scultore Arp. Poi ci fu la fuga in Usa degli artisti migliori di Francia e il dominio passò al Nuovo Continente. Gorky e De Kooning sono due di questi epigoni, in senso non figurativo. Kline e Pollock portarono all’estremo l’astrattismo biomorfo.

Ci fu anche, nei primi decenni del Novecento, il movimento Dada che denunciò gli orrori della Prima Guerra Mondiale. Gli autori di questo movimento presentavano le proprie opere come oggetti casuali, trovati in giro ( es. Duchamp, Fontana, 1917 ). Dopo arrivò il surrealismo, dove l’inconscio poteva sfogarsi e farsi arte. Un grande influsso su tale movimento, almeno all’inizio, lo ebbe Giorgio de Chirico. Del movimento surrealista Breton ne fu padre e padrone. Con il surrealismo niente è scontato, anche se si presenta in modo figurativo. Dopo la Seconda Guerra Mondiale la pubblicità cominciò ad avere un grosso peso nella vita urbana e non. A Londra e New York tanti si approcciarono a questo mondo. Dietro Warhol si possono trovare altri protagonisti. Fu la volta anche della junk art, che trasformava in arte i rifiuti. In seguito il coro umano diviene protagonista della body art ma sono anche altri i movimenti che danno vita a stranezze varie. Nascono le installazioni e gli happening. Lucian Freud e Pietro Arrigoni si pongono in confronto/scontro con la fotografia dedicandosi al ritratto. Ci sono poi fotografi che utilizzano il mezzo in modo che possa essere scambiato per un dipinto. Non si può non ricordare lo scultore Ron Mueck, autore di sculture molto realistiche ma sovradimensionate. Tanto è stato sperimentato nel secolo scorso ma tanto rimane ancora da esemplificare. Si parla poi dell’arte folk, quella che non per forza è pittura, scultura e architettura ma è estetica tendenzialmente popolare. Non ci si può poi scordare dei graffiti, fenomeno nazionale ma già digerito in ambito internazionale. Ma l’arte è in continuo fermento e il futuro ci porterà ancora qualcosa di notevole.


STEFANO TADDEI















































































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