La fotografia è stata per tanto tempo una sorta di cattura più o meno veritiera nel reale. Con il digitale l’immagine ora è solo l’inizio di un processo infinitamente modificabile.
Permaniamo poi in congiunture in cui tutto è apparenza. Pare quindi scadere il senso della mera fotografia di referenza più o meno certa e il digitale diventa un tutto a posteriori con cui continuamente confrontarci. Già i media ci hanno propinato esempi di fotomontaggi accurati dovuti solo a testimoni oculari. Non solo questo ma tanto altro in potenziale potrà far maturare una diversa fotografia e farla andare oltre i soliti codici. Essa infatti deve porci domande dove i media sembrano essere l’unica visione possibile. Esistono autori che lavorano sull'esistente, stravolgendone il senso. David Rokeby, già negli anni ottanta e quindi all’inizio della rivoluzione digitale, operava tra immagine e musica in modo peculiare. Questa nuova apertura ad altri linguaggi fa cambiare l'idea anche di memoria. Il passato si può ricreare partendo da un'immagine, vedi il lavoro negli anni Novanta di Shimon Attie. L'ambiente digitale assomiglia sempre più ad un mosaico e mette in discussione continuamente il reale del referente. Secondo l'autore manca però un filtro a questa proliferazione di significati e d'immagini. Qui andrebbe coinvolto di più non più l'osservatore ma il lettore. Ci vorrebbe infatti una collaborazione che amplificasse la portata meramente visuale del digitale. Senza tutto ciò la tecnologia assomiglia sempre più a mera comunicazione. Il soggetto immortalato o il lettore potrebbe, ad esempio, amplificare i punti di vista, non solo visivi, di un'immagine. Ci sono poi programmi che possono trasformare un'opera anche dopo la morte dell'autore. Tutto questo potrebbe aprire la visione a mondi mai visti o concepiti. Difficile ancora capire la portata di questi cambiamenti, ancora in atto mentre si sta scrivendo. Un'età di postumano si lega indelebilmente al concetto di postfotografia. L'iperfotografia potrà essere perciò un ampliamento dei soliti canoni della visione, senza una ricerca di solide verità ma che sappia esplorare le sue possibilità. Il futuro è di una fotografia che possa esprimersi in contatto con una società transmediale. Dove ciò ci porterà sarà solo l'avveramento del nostro, ancora sconosciuto, destino.
Stefano Taddei
Fred Ritchin
Dopo la fotografia
Einaudi, pp. XVIII – 222
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