Un nuovo ed interessante allestimento delle collezioni del contemporaneo è stato presentato venerdì 15 febbraio alla GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino: si tratta della prima edizione di un vario programma, consistente in diversi ordinamenti, che si succederanno in un paio di anni.
Questo primo ordinamento, a cura di Elena Volpato, si concentra su due decenni ed è dedicato alle opere di artisti italiani tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta, in un rapporto di continuità cronologica con l’arte esposta nelle collezioni del ‘900. Le opere che saranno esposte in mostra, fanno interamente parte delle collezioni del museo: molte di queste provengono dalle molteplici acquisizioni realizzate durante la direzione di Pier Giovanni Castagnoli, nel decennio dal 1998 al 2008. Acquisizioni che sono state possibili grazie al generoso contributo della Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT. La grande potenza di questi allestimenti innovativi su base biennale, sta nel mostrare e far conoscere al pubblico la ricchezza delle collezioni del museo, dando voce a numerose letture ed interpretazioni critiche.
Da Giulio Paolini a Giuseppe Spagnulo, da Giovanni Anselmo a Paolo Icaro, a Marco Bagnoli, fino a Mario Merz e a Luigi Ontani, gli artisti rappresentati fanno parte di vari gruppi. C’è chi è legato alle vicende dell’Arte Povera; chi si è dedicato alla Pittura Analitica; chi invece ha sperimentato l’Arte Concettuale, ma poi è tornato ai linguaggi tradizionali e ai codici espressivi di una volta. Sono rappresentate ricerche artistiche di quegli anni che però non sono mai state completamente riconosciute dalla più diffusa interpretazione e critica storica. Adesso, a distanza di decenni, sarà possibile ammirare queste esposizioni, concederci di guardare agli aspetti più personali ed individuali della poetica di questi artisti.
Ed è proprio nella voce personale di ciascuno di loro che sembra risuonare con più chiarezza un forte e al tempo stesso irrisolto legame con la storia dell’arte e con i suoi antichi linguaggi. Verso la metà degli anni Sessanta, i grandi nomi esposti, a differenza di tanti altri artisti di quel periodo che volevano sovvertire i tradizionali linguaggi artistici, ribellandosi e rinnegando la storia dell’arte passata, si iniziarono ad interrogare sul significato della scultura, della pittura e del disegno e sul modo in cui superare i limiti che quei linguaggi avevano posto fino ad allora. La storia dell’arte della loro epoca, esposta nei musei o alimentata dalla quotidianità del paesaggio, era stata l’innesco del loro primo innamoramento, della loro inevitabile necessità espressiva. Solo in risposta a quell’arte, poteva sorgere ogni possibile senso del pensarsi e considerarsi artisti, così come ogni successivo desiderio di superarla ed andare oltre.
Ognuno degli artisti rappresentati fornisce una propria personale interpretazione al rapporto con il passato, ognuno fa suo il linguaggio interpretativo che preferisce, ma tutti condividono un autentico desiderio dell’arte, un viscerale senso di appartenenza, il significato dell’arte fino ad allora, e tutto ciò che l’arte poteva ancora rappresentare nel futuro, in virtù di quella tradizione. Quelle esposte sono opere dove forma e significato sono legati indissolubilmente l’uno all’altro. Il loro compiersi nello spazio reale le apre ad accogliere e nutrire al loro interno il senso di un tempo trascendente, sacro.
Le opere esposte nel nuovo allestimento delle collezioni del contemporaneo vengono suddivise in varie sezioni. Nella prima parte del percorso, le opere esposte sono caratterizzate, secondo modalità molto diverse tra loro, da una nuova essenzialità della pittura e della scultura. Queste sono:
Giuseppe Spagnulo, Archeologia, 1978: 16 elementi in ferro
Marco Gastini, Macchie, 1969-70: fusioni di piombo e antimonio su parete
Giulio Paolini, Senza titolo, 1966: matita copiativa e tempera su tela grezza
Claudio Olivieri, Interferenze nero-verde, 1971: olio su tela
Claudio Verna, The Four III, 1970: acrilico su quattro tele accostate
Alighiero Boetti, Rotolo di cartone ondulato, 1966: cartone ondulato
Marisa Merz, Living Sculpture, 1966: lamierino in alluminio cucito con punti metallici
Giorgio Griffa, Impronta del pollice, 1968: olio su tela
Nella seconda parte, artisti dell’Arte Povera parlano i linguaggi tradizionali e riconducono la scultura alle proprie origini:
Pier Paolo Calzolari, Senza titolo, 1968: mollettone montato su telaio, filo di cotone, petalo di rosa, disegno su carta, letturino per strumenti a fiato
Luciano Fabro, Attaccapanni (di Napoli), 1976-77: bronzo, tela di lino, pittura acrilica, filo in cotone
Giovanni Anselmo, Senza titolo, 1984-86: tela, pietra (diorite grigia), cavo d'acciaio, nodo scorsoio
In questa sala, lo spazio e il tempo sono le dimensioni che l’arte accoglie per la prima volta al suo interno, all’interno dell’opera, ma anche all’interno della materia stessa che la compone:
Paolo Icaro, Davanzale per un colore (Davanzale per un turchese), 1982: gesso, paglia e pigmento
Paolo Icaro, Innesto, 1982: gesso e juta
Eliseo Mattiacci, Cultura mummificata, 1972: 134 calchi di libri in alluminio fuso
Eliseo Mattiacci, Essere respirare, 1978: rame, ferro, perspex nero, 2 lamine, altoparlante, registrazione di un respiro
Eliseo Mattiacci, Predisporsi ad un capolavoro cosmico-astronomico, 1981-82: matita e pastelli su carta
In questa parte, vengono rappresentati lo spazio e il tempo, coinvolgendo lo spettatore ad osservare l’immagine assoluta del limite e dell’oltre. Qui troviamo:
Marco Bagnoli, Vedetta Notturna, 1986: onice
Marco Bagnoli, Iris, 1987: affresco staccato
Claudio Parmiggiani, Ab Olympo, 1997: tempera su tela e legno
Claudio Parmiggiani, La tela filosofica, 1977: foglia d'oro su tela, 3 elementi in marmo
Hidetoshi Nagasawa, Era, 1986: ottone, legno, cavo d'acciaio
Queste opere fanno riemergere al loro interno, l’evidenza e la rappresentazione della figura:
Mario Merz, Animale terribile, 1981: tubolare in ferro, tecnica mista su tela
Salvo, L'uomo che spaccò la statua del Dio, 1972: marmo nero, doratura
Salvo, San Martino e il povero, 1973: olio e carta applicata su tela
Ketty La Rocca, Pietà, 1974: polittico di 7 pannelli, foto b/n con scritte a inchiostro
Luigi Mainolfi, MDLXIV, 1976: matita, china, inchiostro tipografico su carta pergamena
Luigi Mainolfi, Tamburi, campane e campanacci, 1988-89: legno e bronzo, 9 elementi di misure diverse
Luigi Ontani, DadAndroginErmete, 1987: cartapesta e legno
In quest’ultima sala, scultura e pittura si incontrano ancora una volta, ma mentre la scultura parla di architettura, la pittura nasce in modo naturale impastata di polvere e tempo, lungo i muri della città e delle case, fatta del libero disegno di macchie e crepe:
Nanni Valentini, Casa, 1985: installazione di terracotta, pigmenti, elementi metallici
Franco Guerzoni, Affreschi, 1972: stampa fotolitografica su tela con applicazione di frammenti di intonaco
Franco Guerzoni, Archeologia, 1973: frammenti di stucco con pigmenti e serigrafia su foto originale
Franco Guerzoni, Archeologia, 1973: gessi colorati su foto originale ritoccata
Infine viene presentata una selezione di libri d’artista, acquistati grazie alla Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea – CRT, un ideale elemento di congiunzione tra le opere esposte in Pittura spazio Scultura, improntate ai linguaggi tradizionali, e l’utilizzo delle nuove strategie di divulgazione e democratizzazione dell’arte.
Pittura spazio scultura. Le collezioni del contemporaneo.
Periodo: 15 febbraio 2019 - 4 ottobre 2020
Orario di apertura: tutti i giorni dalle 10 alle 18
chiuso il lunedì
Dove: Gam - Galleria Civica d'Arte Moderna e Contemporanea
Via Magenta, 31 - Torino
Ingresso: intero 10 €, ridotto 8 €
- Giulia Zamponi
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