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W.K. Stratton, Il Mucchio Selvaggio, Jimenez Edizioni

Aggiornamento: 27 ago 2020


" Faccio film per me stesso. Sono io il pubblico ". Questa affermazione, riportata nel libro, spiega chi era Sam Packinpah. Il Mucchio Selvaggio è un film che, col tempo, è divenuto imprescindibile da tantissimi punti di vista. Questo libro ne racconta le mirabolanti vicende.




Questo libro ne racconta le mirabolanti vicende. Il periodo in cui il film fu girato rappresenta tuttora un’era unica di creatività e disponibilità a rischiare. E’ il prodotto di un regista unico, Sam Packinpah, autore che faticò tantissimo per arrivare al punto. Un’etica desunta dalla conoscenza di veri cowboys ne faceva un personaggio unico. Il rifiuto di quello che erano diventati gli Stati Uniti, unito ad un amore romantico per il Messico, furono il passaggio obbligato verso tale film. Sfida nell’Alta Sierra ( 1961 ) era stato un film di buon successo di Packinpah. Ma ciò non durò a lungo. L’autore fu ingaggiato per quello che, dopo numerosi tagli imposti dai produttori, sarebbe diventato Sierra Charriba ( 1965 ). Già da questo si può comprendere la travagliata genesi della scrittura e registrazione de Il Mucchio Selvaggio. In questo senso il libro ricorda, doverosamente, il lavoro iniziale sul soggetto e sulla sceneggiatura di Walon Green e Roy N. Sickner. Anche altri autori trovano riscontro in tale sottobosco. Poi arrivò Packinpah, regista di westner che veniva dal West, e la storia prese un’altra piega. Il libro ci racconta della cultura cinematografica del regista ma anche delle sue esperienze esistenziali come, ad esempio, la conoscenza del Messico e della sua musica. All'inizio della carriera arrivarono le prime esperienze teatrali e nella televisione. Certi film, come Il cavaliere della valle solitaria ( 1953 ) o Il fiume rosso ( 1948 ), avranno grande influenza sulla sua poetica che avrà la prima occasione di esprimersi nella serie tv The Westerner ( 1960 ). Già qui però ci saranno i primi contrasti con i produttori. Ci saranno le prime esperienze con il cinema ma sarà ancora la tv, con Noon Wine ( 1966 ) a dargli una nuova possibilità. Il 1967 lo vide lavorare sul copione de Il Mucchio Selvaggio ma anche su una produzione, che non giunse per il nostro a nessuna conclusione, su Pancho Villa. Tutto ciò rappresenterà, comunque, una modalità per immergersi nella Rivoluzione messicana che, in ogni caso, gli sarà utilissima nell’immediato futuro. Per un pungo di dollari di Sergio Leone, quando giunse nel 1967 nelle sale cinematografiche statunitensi, ebbe grandissimo successo. Da ciò la Warner Bros – Seven Arts ebbe l'impulso per affidare a Sam Packinpah la regia de Il Mucchio Selvaggio. Qui il libro si ferma per varie pagine, giustamente, sulle difficoltà del progetto, sui ripensamenti del regista, sugli attori chiamati ad interpretare i personaggi del film e tanto altro. Le peripezie in fase di ripresa non furono da meno, ad esempio l’uso per sbaglio, in certe scene, di pallottole vere. Sam Packinpah dimostrò un vigore inesausto in tale produzione. Certi cliché dei western vennero ribaditi per darne un’interpretazione unica, anche appoggiandosi alla casualità. Il produttore Phil Feldman e il regista ebbero parecchie divergenze ma si trovarono dei compromessi. Il libro si sofferma pure sulle varie carriere cinematografiche che si affacciarono alla pellicola. Un’altra peculiarità del film fu che i rapporti tra uomini e donne non mostrarono alcun atteggiamento sexy o di stereotipie etniche. Nella manifestazione dei personaggi i peggiori furono dei bianchi, i migliori sono degli indios. Una delle scene più rocambolesche da girare fu quella della rapina al treno, con l’uso di una vera locomotiva per il trasporto di truppe e armi proprio del periodo della Rivoluzione messicana. La scena spettacolare dell’esplosione del ponte rimane poi, ancora oggi, un pezzo unico dal punto di vista cinematografico. Fu, senza giri di parole, un film complicatissimo da portare avanti e a termine. Alla fine di tutte le riprese si racconta che il regista scoppiò in un pianto liberatorio. Inoltre, mentre lavorava al montaggio de Il Mucchio Selvaggio, era già alle prese con una nuova pellicola che sarebbe diventata La ballata di Cable Hogue. All’uscita il film non ebbe subito buone critiche e scandalizzò parecchio. Martin Scorsese però, dopo la visione, rimase piacevolmente sbalordito. Pian piano la pellicola fu capita anche da altri. Prima dell’uscita ufficiale nelle sale, nonostante il parere di Packinpah, il film subì dei tagli. Non ebbe successo in Messico, in Usa non fu campione d’incassi ma non fu nemmeno un fallimento. Divenne però un film di culto. Il western non fu più lo stesso mentre Sam Packinpah continuò a sfornare pellicole uniche. Il Mucchio Selvaggio è perciò un unicum nel suo genere perché è andato oltre gli steccati della categoria. E rimane, imperituro, un grandissimo film.


Stefano Taddei

W.K. Stratton


Il Mucchio Selvaggio

Sam Packinpah, una rivoluzione a Hollywood e la storia di un film leggendario


Jimenez Edizioni


pp. 420

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