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Il passaggio della pop art è rimasto indelebile. In queste interviste si può riscontrare il vero “ nemico “ di tante e diversificate ricerche, l’espressionismo astratto. Il più risoluto a ribadirlo è Roy Lichtenstein.



Le prime quattro interviste, che sono del 1968, spiegano dove gli autori si trovavano in quel tempo dal punto di vista delle loro ricerche. Roy Lichtenstein stava studiando l'arte degli anni Trenta del secolo scorso, tenendo come modulo esplicativo sempre il fumetto. L'autore manteneva così una sorta di fredda ironia verso il mondo che lo circondava. Il suo interesse per i cliché del suo tempo lo avvicinava poi anche al classicismo e alla mitologia della vita americana del periodo. James Rosenquist parla d'inconscio per i propri quadri. Facendo ciò non può che intrecciarsi con certo espressionismo astratto. La resa, chiaramente, è però diversa. L'autore parla di certi insegnamenti desunti da Ad Reinhardt e Marcel Duchamp. Discorre inoltre dell'immagine che deve avvolgere lo spettatore e non appartenere più al creatore. Robert Rauschenberg ricorda che il pittore, nel suo tempo, deve andare a cercare il suo quadro e ciò dipende da certe disposizioni personali e momentanee. Certi prelievi poi non hanno fine perché possono sparire ma, in seguito, anche ritornare. Robert Morris parla del rapporto con lo spazio del proprio operare. C'è un rifiuto inoltre dell'antromorfismo ma una grande cura nella scelta dei materiali. L'immediatezza e la forma desunta dal caso muovono ulteriormente tale ricerca. Interessanti anche i riferimenti ad altri autori, ad esempio a Jackson Pollock. Nel testo si passa quindi a due interviste curate da Gene Swenson e una da Billy Klüver.


La prima, del 1963 e ad Andy Warhol, trova l'artista americano, tra le altre cose, sostenere come la creatività sia una realtà che riguarda tutti. Propugna inoltre che i termini Pop e Dada siano sinonimi e che, nonostante certi presunti cambiamenti, la gente la pensa sempre allo stesso modo. Si passa poi all'intervista/dichiarazione dello stesso anno di Jasper Johns. L'autore evidenzia come nei suoi quadri il senso sia da scoprire. Il fare diventa strabordante rispetto ad una sicura definizione concettuale dietro a tale operare. Si chiude con Tom Wasselmann e con un dialogo del 1964. Un interesse più sulla definizione di una situazione variegata che un singolare prodotto-quadro muove la sua ricerca in quel periodo. Ciò porta ad una maggiore completezza delle rappresentazioni e ad una sorta di dialogo tra i vari elementi. Si instaura perciò un movimento dentro a queste elaborazioni.


Il testo è un viatico per comprendere come il fenomeno pop art non è un monolite ma testimonia tante idee differenti. Qui, di queste, se ne possono agevolmente riscontrare parecchie.


- Stefano Taddei


Pop art

Interviste di Raphaël Sorin

Abscondita, pp. 120





Aggiornamento: 27 set 2019


Dopo la recente mostra personale Parmiggiani: Dematerialization presso il First Art Museum di Nashville ( USA ), ora l'artista emiliano espone un nutrito corpus del proprio operato artistico a Firenze. L'artista da tempo si muove con una ricerca che va ad indagare i grandi temi dell'essere. Attraverso una peculiarità sovente monumentale del proprio manifestarsi, in realtà tale ricerca si muove in un ambito parecchio radicale, lambendo tranquillamente il sovversivo/anarchico. Apre il percorso espositivo un riferimento al cuore, serrato tra il soffitto della galleria e una copia della Divina Commedia. Il punto di vista è pregno di riferimenti allo spazio e allo sguardo.

Senza titolo, 2007-2019 - Calco di cuore umano, fusione di ghisa, esemplare della Divina Commedia. Versione in verticale cm 17x12x11 (cuore) e misure variabili

Courtesy Galleria Poggiali



Il tempo è certamente uno dei passaggi principali di questo ricercare un senso nello stare al mondo che, sovente, può solo indicare un possibile percorso in mezzo all'impazzita contemporaneità. Anche recentemente l'autore ha sostenuto attraverso il proprio operare un pensiero che pesca nel frammento del passato ma che si ripropone come attuale.



Senza titolo, 1985-2019 – Cera e lampada spenta, cm 54x35x39

Courtesy Galleria Poggiali



Senza titolo, 2019 – Libro, calco in gesso e orologio, cm 29x37x25

Courtesy Galleria Poggiali


In queste opere in mostra non si può che riscontare il tema dell’assenza, argomento particolarmente caro all’autore e che si dipana come uno dei vincastri dell’essere al mondo. Claudio Parmiggiani si rivolge alle fattezze del reale per indagarle come paradigmi per l’individualità e la collettività.



Senza titolo, 2019 - Fumo e fuliggine su tavola, cm 90x300

Courtesy Galleria Poggiali


Tali opere paiono muoversi attraverso il silenzio ma, se accolte, sanno propugnare diversificate testimonianze per l’attualità. Non per nulla l’autore ha parlato di “ religione dell’arte “. Un senso metafisico infatti ci avvolge quando ci confrontiamo con tale operare, forse, sentendoci meno soli al mondo.


- Stefano Taddei


Galleria Poggiali

Via della Scala, 35/a-via Benedetta 3/r

Firenze Fino al 29 ottobre 2019

E-MAIL INFO: info@galleriapoggiali.com

SITO UFFICIALE: http://www.galleriapoggiali.com



L’uso della luce, la sua mancanza o abbondanza, sono tutti fenomeni che rendono la nostra esistenza di un certo tipo. Dalla scoperta del fuoco, primo fenomeno utilizzato per rendere manifesti certi luoghi nelle ore più incerte e buie, l’uomo ha sempre cercato di utilizzarla per rendere la nostra esistenza più agevole. Ora la luce si carica anche di nuove modalità esplicative di quanto deve illuminare. Un particolare settore è quello relativo ai luoghi storici o quelli della contemporaneità. Qui infatti l’illuminazione può fare la differenza. Alessandra Baldoni, Luca Gilli, Cosmo Laera, Luca Marianaccio, Lucrezia Roda e Pio Tarantini sono stati invitati a rivelare dodici siti storici e contemporanei illuminati dalla DZ Engineering ( da Castel del Monte al Mausoleo di Galla Placidia – entrambi Patrimonio dell’UNESCO – dal Polo chimico di Ferrara allo Stadio Mapei di Reggio Emilia ), che si presentano come una possibilità per l’Italia, di essere attenta alla propria storia ma, altresì, rivolta al futuro. In esposizione ci saranno proprio tali immagini.



Lucrezia Roda (1992), Porto (dal I sec AC), Ravenna, photo 2019




Luca Marianaccio (1986), Castel del Monte (1240), Andria, photo 2019



Un particolare momento, colto dalla fotografia, diventa un racconto di una peculiarità della nostra nazione. La luce, colta al crepuscolo, è il vero fenomeno che rende questi luoghi “ unicamente catturati “.




Alessandra Baldoni (1976), Mausoleo di Galla Placidia (prima metà V sec DC), Ravenna, photo 2019



The Art House ospiterà, inoltre, alcune fotografie ( scattate dal track designer Jarno Zaffelli ) di edifici iconici di Singapore illuminati dalla DZ Engineering. Tale mostra è la preview di una più ampia esposizione, in programma dal 19 ottobre 2019 al 19 gennaio 2020 presso la sede della Fondazione Dino Zoli a Forlì.


- Stefano Taddei




A cura di Gigliola Foschi e Nadia Stefanel


The Art House di Singapore

Vip Gala ( su invito ): 18 settembre, ore 18.00.


Orari di apertura, dal 19 al 22 settembre 2019, al pubblico: 10.00-22.00.


Ingresso libero

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