“Evviva la voragine senza salvezza oltre la quale assenti e felici dimenticare di esserci.”
Sono queste le parole con cui l’artista Giulio Paolini conclude il testo scritto per Del Bello ideale mostra personale a lui dedicata ospitata dagli spazi della Fondazione Carriero.
Curata da Francesco Stocchi, la mostra prende in esame i 57 anni di produzione di uno degli artisti concettuali per eccellenza dell’arte italiana, distaccandosi tuttavia dal voler essere una retrospettiva e ponendosi, piuttosto, come profonda analisi della poetica paoliniana.
Il ritratto e l’autoritratto (l’autore è assente), In superficie (linea, prospettiva, orizzonte, tautologia…) e Uno di due (il mito e il classico) sono i 3 raggruppamenti tematici, emblematici del lavoro di Paolini da sempre interessato all’analisi degli elementi costitutivi del fare arte, che si sviluppano ciascuno rispettivamente su uno dei 3 piani della fondazione.
A questa suddivisione analitica si aggiunge il grande tema, caro all’artista e già anticipato dal titolo stesso: il bello. Questo, inteso in senso supremo, ideale appunto, diviene scopo ultimo delle opere esposte e di tutta la mostra; ne risulta una bellezza che pur in questo suo essere costantemente ricercata, resta tuttavia incompiuta e indefinibile. Da qui la domanda: cos’è il bello? Si potrebbe dire che è un qualcosa che esiste ma non si vede, un traguardo ideale che per Paolini si reifica in un punto di fuga oltre la linea prospettica, in un superamento di ciò che appartiene alla nostra dimensione sensoriale per aprirsi ad una dimensione mentalistica. Il non visto è dunque una privazione che si pone come apertura di una nuova prospettiva mentale e delle ennesime possibilità creative ed immaginative che ne conseguono.
In questo continuo anelare verso la bellezza ideale si manifesta lo stato potenziale del lavoro di Paolini: è infatti una sorta di aspetto sospeso a caratterizzare ogni sua opera rendendo ciascuna parte di un processo univoco proprio dell’intero lavoro dell’artista.
A questa sospensione sembra essere invitato lo spettatore stesso con In cielo (2018) una delle 3 opere (insieme a Deposizione e Finis Terrae) realizzate ad hoc per la mostra e posta a inizio del percorso espositivo. Un parallelepipedo in plexiglass, materiale nel cui utilizzo Paolini è stato un precursore, si erge verso il soffitto riportando nella sua parte interna un’immagine del cielo; sulla sommità un paio di scarpe che, con la loro parte anteriore, superano la superficie del plexiglas su cui sono appoggiate.
L’opera invoca certamente per la sua stessa struttura una sospensione d’azione, tuttavia il suo essere collocata a inizio del percorso espositivo fa sì che suggerisca, se vogliamo, una caduta, una possibilità di lasciarsi andare a quella dimensione mentale in cui si sviluppa il lavoro dell’artista. In cielo è forse “la voragine senza salvezza”, citata in apertura, che pone chi guarda nella giusta condizione per comprendere la mostra. A conferma di questa lettura si può considerare la presenza nella sala conclusiva di Aria (1983-84), opera costituita da un doppio collage fotografico di una figura alata montato tra due sagome di plexiglas sospese al soffitto a creare l’immagine di una “caduta libera” dal cielo. Sembra perciò ricollegarsi idealmente all’inizio del percorso, alla necessaria sollecitazione nei confronti dello spettatore affinché si apra ad un atteggiamento mentale, l’unico capace di incontrare il “bello”.
Giulio Paolini. Del Bello ideale
Periodo: 26 Ottobre 2018 - 10 Febbraio 2019
Orario di apertura: tutti i giorni dalle 11.00 alle 18.00
chiuso il lunedì.
Dove: Fondazione Carriero
via Cino del Duca, 4 – 20122 Milano
Ingresso libero
- Giulia Zompa