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Silvia Camporesi, oltre all’attività autoriale, ha avviato da tempo una serie di dialoghi con fotografi. Scopo di queste conversazioni è far emergere quello che accompagna personalità così differenti e che fa della loro ricerca una peculiarità.



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Il primo autore è Olivo Barbieri. Nel dialogo emerge un’idea di una fotografia che vuole porre domande sull’attualità, utilizzando modalità visive differenti ma che sanno pescare anche dalla memoria personale. Gli studi e la fascinazione della storia hanno certamente accompagnato fin dall’inizio la ricerca di Luca Campigotto. Molto importante è stata anche un’interpretazione aperta degli spazi immortalati. Una ricerca fotografica che nasce nell’ambito del design è quella di Mario Cresci, autore che ha però poi saputo sviluppare indagini diversificate nel tempo e con collegamenti ad altre estetiche. Paola Di Bello coglie un’immagine che si sedimenta nella propria memoria e che trova un rinnovamento di senso nel suo operare. L’autrice pare cercare incessantemente, anche sulla scorta del magistero di Georges Perec, una peculiarità visiva nel normale succedersi delle cose. Una notevole tipicità rappresenta il lavoro di Stefano Graziani. La sua prolificità di progetti ma anche di pubblicazioni ne sono certa testimonianza. In tali diversificate elaborazioni sono coinvolti autori del passato ma anche del presente. Queste collaborazioni nascono non come fonte critica di spiegazione del lavoro ma come declinazioni di nuove idee. Guido Guidi testimonia una fede nella religione dell’arte, cioè un’indagine che cerca di travalicare il mero fenomeno. Tale estetica fotografica si focalizza sulla visione come vera forma di avvicinamento alla contingenza e motore per catturare momenti unici. Francesco Jodice nutre la propria visione grazie a studi desunti da varie discipline. Tale approccio porta in superficie, di volta in volta, questo retroterra. Il mutamento urbano e la partecipazione sono tematiche tra le più rilevanti per quest'autore. Nino Miglioriha sempre modulato nella sua ricerca una parte legata al reale e una verso lo sperimentale. Tale sperimentare lo ha portato ad esemplificazioni vicine a quelle di Fontana, Burri e Rotella. Inoltre i nuovi sviluppi in campo fotografico non lo spaventano, anzi, sono un viatico d'indagine inedito e quindi da sviluppare. Chiude i vari dialoghi l'intervista a Massimo Vitali. Gli anni Novanta, tanto coraggio e l'interesse per la fotografia hanno fatto avere successo a quest'autore. Le spiagge ma in generale le folle sono stati e continuano ad essere il centro di quest'indagine. Dal dialogo si capisce poi che certi accorgimenti coloristici o tecnici nascono da necessità. C'è poi dietro a tali composizioni un'idea di connessione tra fotografie e il resto della collettività. Lo sguardo si fa perciò sensibile a certi momenti che vengono colti proprio per la loro peculiarità.


Stefano Taddei

 
 

Il Novecento ha continuamente presentato un’influenza dovuta alla cultura ebraica. Tale sostrato ha implementato tantissime ricerche che hanno portato alla situazione attuale.



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Questo testo presenta queste varie sfaccettature. Durante il secolo scorso la cultura ebraica si è emancipata da certi dogmi religiosi antichi e quindi troppo vincolanti e, attraverso differenti fasi, ha dato il via ad indagini che hanno caratterizzato i punti piu’ rilevanti del Novecento. Artisti e intellettuali di tale formazione hanno influenzato il mondo artistico in modo preponderante, anche preannunciando quello che sarebbe accaduto successivamente. Uno dei personaggi cardine di tutto questo, e nel libro se ne trovano parecchi rimandi, fu Isidore Isou. In fondo, ebrei e non ebrei, si trovarono, pian piano, a combattere la materia stessa dell’opera d’arte. Così si sono dilatati i luoghi delle ricerche fino a diventare concetto. C’erano primariamente esigenze religiose che fecero da traino al tutto. Da qui si è fondamentalmente attaccato un mondo dell’arte che ha sedimentato continui cambiamenti. Poi la tecnologia, eliminando l’aura, ci ha portato ad ora, al sublime tecnologico. E anche in questo gli ebrei sono stati maestri.

- Stefano Taddei

Mario Costa

Ebraismo e arte contemporanea. Clement Greenberg, Arthur Danto, Isidore Isou, Abraham Moles

Mimesis


pp. 166

 
 

Clarissa Baldassarri nasce a Civitanova Marche nel 1994. Nel 2013 si iscrive presso l’Accademia di Belle Arti di Macerata dove consegue la triennale in Decorazione. Nel 2017 cambia città e decide di trasferirsi a Napoli, dove sta completando il Biennio Specialistico in Scultura presso l’Accademia di Belle Arti. Nello stesso anno inizia a lavorare con la galleria GMCG gallery di Livorno che espone la personale “Eikòna”. Nel 2019 è una delle tre vincitrici del Combat Prize nella sezione Art Tracker che la porta a partecipare ad un’esposizione collettiva, insieme ad Anna Marzuttini e Giorgia Valli, presso Lucca Art Fair 2020.

Sound data logger, Proiezione dati fonometro su cappella, installazione site specific Le Scalze, Napoli, 2020  Photo credit: Iolanda Pazzanese
Sound data logger, installazione site specific Le Scalze, Napoli, 2020 - Photo credit: Iolanda Pazzanese

Come definiresti la tua pratica artistica e quali sono le tematiche che indaghi?

È difficile dare una definizione assoluta alla mia pratica artistica. Quello che seguo, più che un modus operandi ben definito, è la dimensione dell’ascolto. Penso sia questa la parola giusta. Cerco sempre di capire prima il messaggio che voglio comunicare, poi i mezzi e le strade cambiano di conseguenza. Un filo conduttore sicuramente risiede nella voce che cerco di ascoltare e che fino ad ora mi ha portato sempre ad indagare oltre la superficie delle cose, oltre ciò che vediamo, ascoltiamo o tocchiamo.

Ho un richiamo verso l’invisibile e l’impercettibile e quello che cerco di fare è ridare una dimensione fisica, reale, a quello che normalmente sfugge, scompare.


Quando hai deciso che ti saresti occupata di arte?

Non l’ho deciso io. È stato un percorso quasi necessario. L’arte è stata una necessità, una via da intraprendere per poter trasformare in qualcos’altro quello che non riuscivo a tenere dentro. Un rito purificatorio avviato circa cinque anni fa, quando ho cominciato ad avere problemi con la vista. È stato quello il momento in cui ho iniziato ad interrogarmi sulla realtà che mi circondava, e sulla voglia di raccontare quello che sentivo. Vedere oltre la dimensione fisica delle cose è stato un percorso obbligato, un sentire troppo forte che ha trovato libertà di espressione nell’immagine, a prescindere

Appunti Carte Tintoretto,  Installazione site specific Le Scalze, Napoli, 2020 100 x 335 x 2 cm  Photo credit: Iolanda Pazzanese
Appunti Carte Tintoretto. Installazione site specific. Le Scalze, Napoli, 2020 - Photo credit: Iolanda Pazzanese

Hai appena terminato i tuoi studi all'Accademia di Belle Arti di Napoli: come ha influito questo specifico contesto nella definizione del tuo lavoro?

Più che l’Accademia in sé quello che ha influito maggiormente sul mio lavoro è stata la città di Napoli. Mi sono trasferita in questa città dopo aver frequentato il triennio in Decorazione a Macerata e sono state esperienze completamente diverse. Qua il peso del contesto urbano si fa sentire e lo si respira in ogni cosa. È impossibile non rimanerne travolti.

Trasferirmi qui è stata una scelta ben precisa, Napoli mi chiamava da tempo e dopo tre anni posso dire di aver trovato quello che cercavo. La dimensione del sacro e del profano, il contatto umano, lo spirito di condivisione, il dialogo che supera le barriere. Sono aspetti che volevo conoscere e sono una traccia visibile nei miei ultimi lavori.


Ausiliare grata chiusa in ferro zincato, voce che legge l’analisi grammaticale di un testo nel confessionale  Installazione site specific Le Scalze, Napoli, 2020  Photo credit: Iolanda Pazzanese
Installazione site specific Le Scalze, Napoli, 2020 Photo credit: Iolanda Pazzanese

Il tuo medium è la scultura: che tipo di rapporto intrattieni con questo linguaggio? Hai una predilezione per alcuni tipi di materiali?

Come già accennavo prima, non ho una predilezione verso un linguaggio o un materiale in particolare. Il mio è un processo che viene dopo aver delineato bene i contenuti. La forma è solo un mezzo che fa da veicolo trasparente tra il dentro e il fuori.


Avevamo iniziato quest'intervista all'inizio di febbraio ma poi il nostro mondo è cambiato radicalmente. Come stai affrontando l'attuale crisi pandemica e in che modo questa emergenza si è riflessa sulla tua pratica?

Esatto, è stato un grande cambiamento e solo con il tempo potremmo capirne i reali effetti.

Sicuramente non posso dire di aver vissuto male la quarantena. Anzi, è stato un periodo di lunghe riflessioni in cui mi sono sentita liberata dai ritmi frenetici del tempo dell'orologio per potermi riconnettere con il mio tempo interiore. Paradossalmente penso che questa distanza fisica ci abbia fatto provare un altro tipo di avvicinamento, che supera ogni confine, ed è avvenuto proprio perché abbiamo vissuto tutti la stessa condizione temporale; quel tempo che Peter Handke ci voleva comunicare e far capire attraverso il concetto di durata.

Ho sviluppato nuove idee di lavori durante questo periodo che toccano proprio questi aspetti, ma sono in fase di elaborazione.

D'altro canto, inizialmente rimasi sconvolta dal silenzio improvviso che piombò sulla mia città. Proprio prima del lockdown avevo appena inaugurato la mostra “Ausiliare”, nella chiesa delle Scalze di Napoli, a cura di Marianna Agliotte e Rosaria Iazzetta. Nell’esposizione affrontavo proprio il tema dell'ascolto in relazione alla posizione che una persona occupa in un determinato spazio e tempo, valorizzando il concetto di silenzio. Provare poi realmente questa sensazione surreale è stato come vivere un sogno lucido.


Visone mostra Eikona Altarino 1° e Altarino 2° cemento, ferro e vetro Dimensioni variabili gmcg gallery, Livorno, 2018  Photo credit: Francesco Levy
Visone mostra Eikona Altarino 1° e Altarino 2° gmcg gallery, Livorno, 2018 Photo credit: Francesco Levy


- Il team di CampoBase (Irene Angenica, Bianca Buccioli, Emanuele Carlenzi, Gabriella Dal Lago, Ginevra Ludovici, Federica Torgano, Stefano Volpato)

LUCCA ART FAIR - ART TRACKER

Dal 27 al 29 novembre, 2020

Casermetta San Frediano, via delle Mura Urbane - 55100 Lucca

T +39 3311303702

E info@luccaartfair.it

La mostra è visitabile nei seguenti orari

venerdì: 17.00 - 20.00; sabato e domenica 10.00 - 20.00


 
 
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