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Dopo un periodo di chiusura per lavori di ristrutturazione il 17 dicembre il Pac di Milano ha riaperto le proprie porte con “Trasporto Eccezionale”, mostra che si inserisce nell’indagine sulla generazione di artisti contemporanei italiani nati negli anni sessanta portata avanti dall’istituzione milanese.


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Eva Marisaldi - No hope, 2003 - Installation view - PAC - Padiglione Arte Contemporanea , 2018

Il progetto, a cura di Diego Sileo, presenta il lavoro dell’artista bolognese Eva Marisaldi, proponendo un vasto corpus di opere che va dai lavori storici a quelli più recenti fino alle nuove produzioni pensate appositamente per l’occasione. La mostra tuttavia non si pone come una retrospettiva, né tantomeno come un’antologica, quanto piuttosto come una semplice occasione di scoperta e di immersione nella poetica dell’artista; come evocato dal titolo stesso, si tratta infatti di un invito al viaggio, al “lasciarsi trasportare” dalle tante opere che, senza rispondere a dettami di carattere cronologico o tematico, popolano con grande libertà lo spazio espositivo. A tale scelta curatoriale si somma l’eterogeneità di linguaggi adottati da Marisaldi: fotografia, video, installazioni, azioni, performance, tecniche più tradizionali come il disegno e il ricamo si susseguono in un percorso che risulta quanto mai variegato.

L’impatto è dunque quello di un affastellamento di lavori assai diversi tra loro che generano inevitabilmente un iniziale senso di disorientamento in chi guarda richiedendo così uno sguardo più attento su queste opere.

Siamo accolti da Welcome (2018), tre nastri da ginnastica di dimensioni ridotte, che azionati da bracci meccanici, producono un moto continuo ma scattoso generando così una sorta di azione respingente ma allo stesso tempo attrattiva nel visitatore che è invitato dall’opera stessa ad entrare. Questa contraddizione trapela da molte delle opere di Marisaldi, un meccanismo spesso innescato dal largo utilizzo da parte dell’artista del prelievo di matrice duchampiana; l’oggetto estrapolato dal quotidiano, infatti, si svela sotto una luce nuova, perde come di dovere le sue funzioni d’uso e viene piegato alla scoperta di aspetti nascosti di quella stessa realtà da cui proviene.

E’ il caso ad esempio del grande pannello giallo fatto con post-it dal titolo Omissioni (1997): i post it gialli sono stati alterati con matite colorate generando così un quadro di diversi toni dello stesso colore con allusione ai diversi modi in cui è possibile comunicare una stessa cosa e quindi alle omissioni presenti nei resoconti.


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Eva Marisaldi- Omissioni, 1997 - Installation view - PAC - Padiglione Arte Contemporanea , 2018

Altrettanto eloquente è Senza Titolo (2018) un teatrino dove due cucchiai sospesi su fili come marionette, duellano tra loro. Il duello tra i cucchiai vuole essere un omaggio ad Antonio Gramsci e più nello specifico all’episodio raccontato in Quaderni dal carcere dello spettacolo di benvenuto, organizzato dai detenuti, che consisteva in un duello cavalleresco fatto con dei coltelli. Marisaldi cambia i coltelli con i cucchiai mettendo in scena un combattimento ipnotico e attrattivo, reso tale anche dal rumore generato da questi due cucchiai che si allontanano per poi sbattere l’un l’altro rivelando la generale attenzione dell’artista nei confronti dell’elemento sonoro. Interessante è infatti l’importanza della componente uditiva nel lavoro di Marisaldi, aspetto testimoniato anche dalla sua felice collaborazione con il musicista e compositore, Enrico Serotti in alcuni lavori come Porto Fuori (2017) e Musica per Camaleonti (2003).

Visitando la mostra la sensazione è dunque quella di trovarsi in una sorta di “teatro dell’assurdo” dove ciò che ci è familiare ci sorprende e ci pone domande.


Eva Marisaldi. Trasporto Eccezionale.

Periodo: 18 Dicembre 2018 - 3 Febbraio 2019

Orario di apertura: Mercoledì, venerdì, sabato e domenica 9.30- 19.30. Martedì e giovedì 9.30 - 22.30. Chiuso lunedì

Dove: PAC - Padiglione d'Arte Contemporanea

Via Palestro, 14, Milano

Ingresso: intero € 8, ridotto € 5, gratuito minori fino ai 6 anni.


- Giulia Zompa



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Eva Marisaldi- Senza Titolo, 2018 - Installation view - PAC - Padiglione Arte Contemporanea , 2018

 
 

“Evviva la voragine senza salvezza oltre la quale assenti e felici dimenticare di esserci.”

Sono queste le parole con cui l’artista Giulio Paolini conclude il testo scritto per Del Bello ideale mostra personale a lui dedicata ospitata dagli spazi della Fondazione Carriero.


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Giulio Paolini - Finis Terrae, 2018 - Installation view - Fondazione Carriero, 2018

Curata da Francesco Stocchi, la mostra prende in esame i 57 anni di produzione di uno degli artisti concettuali per eccellenza dell’arte italiana, distaccandosi tuttavia dal voler essere una retrospettiva e ponendosi, piuttosto, come profonda analisi della poetica paoliniana.

Il ritratto e l’autoritratto (l’autore è assente), In superficie (linea, prospettiva, orizzonte, tautologia…) e Uno di due (il mito e il classico) sono i 3 raggruppamenti tematici, emblematici del lavoro di Paolini da sempre interessato all’analisi degli elementi costitutivi del fare arte, che si sviluppano ciascuno rispettivamente su uno dei 3 piani della fondazione.

A questa suddivisione analitica si aggiunge il grande tema, caro all’artista e già anticipato dal titolo stesso: il bello. Questo, inteso in senso supremo, ideale appunto, diviene scopo ultimo delle opere esposte e di tutta la mostra; ne risulta una bellezza che pur in questo suo essere costantemente ricercata, resta tuttavia incompiuta e indefinibile. Da qui la domanda: cos’è il bello? Si potrebbe dire che è un qualcosa che esiste ma non si vede, un traguardo ideale che per Paolini si reifica in un punto di fuga oltre la linea prospettica, in un superamento di ciò che appartiene alla nostra dimensione sensoriale per aprirsi ad una dimensione mentalistica. Il non visto è dunque una privazione che si pone come apertura di una nuova prospettiva mentale e delle ennesime possibilità creative ed immaginative che ne conseguono.


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Giulia Paolini - Mimesi, 1975 - Installation view - Fondazione Carriero, 2018

In questo continuo anelare verso la bellezza ideale si manifesta lo stato potenziale del lavoro di Paolini: è infatti una sorta di aspetto sospeso a caratterizzare ogni sua opera rendendo ciascuna parte di un processo univoco proprio dell’intero lavoro dell’artista.

A questa sospensione sembra essere invitato lo spettatore stesso con In cielo (2018) una delle 3 opere (insieme a Deposizione e Finis Terrae) realizzate ad hoc per la mostra e posta a inizio del percorso espositivo. Un parallelepipedo in plexiglass, materiale nel cui utilizzo Paolini è stato un precursore, si erge verso il soffitto riportando nella sua parte interna un’immagine del cielo; sulla sommità un paio di scarpe che, con la loro parte anteriore, superano la superficie del plexiglas su cui sono appoggiate.

L’opera invoca certamente per la sua stessa struttura una sospensione d’azione, tuttavia il suo essere collocata a inizio del percorso espositivo fa sì che suggerisca, se vogliamo, una caduta, una possibilità di lasciarsi andare a quella dimensione mentale in cui si sviluppa il lavoro dell’artista. In cielo è forse “la voragine senza salvezza”, citata in apertura, che pone chi guarda nella giusta condizione per comprendere la mostra. A conferma di questa lettura si può considerare la presenza nella sala conclusiva di Aria (1983-84), opera costituita da un doppio collage fotografico di una figura alata montato tra due sagome di plexiglas sospese al soffitto a creare l’immagine di una “caduta libera” dal cielo. Sembra perciò ricollegarsi idealmente all’inizio del percorso, alla necessaria sollecitazione nei confronti dello spettatore affinché si apra ad un atteggiamento mentale, l’unico capace di incontrare il “bello”.


Giulio Paolini. Del Bello ideale

Periodo: 26 Ottobre 2018 - 10 Febbraio 2019

Orario di apertura: tutti i giorni dalle 11.00 alle 18.00

chiuso il lunedì.

Dove: Fondazione Carriero

via Cino del Duca, 4 – 20122 Milano

Ingresso libero


- Giulia Zompa


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Ha inaugurato il 25 Ottobre 2018 la mostra Mario Merz. Igloo con cui Pirelli Hangar Bicocca ha deciso di aprire la propria stagione espositiva. Dopo la fortuna dello scorso anno di Ambienti Spaziali dedicata a Lucio Fontana, Pirelli rivolge nuovamente la sua attenzione ad uno dei grandi maestri dell’arte italiana della seconda metà del Novecento: Mario Merz.



La mostra, curata da Vicente Todolí e realizzata in collaborazione con la Fondazione Merz, presenta l’iconico corpus di opere degli Igloo realizzato dall’artista poverista tra il 1968 e il 2003. Il principio di raggruppamento che sta alla base della mostra riprende idealmente il progetto espositivo, curato da Harald Szeemann, realizzato nel 1985 alla Kunsthaus di Zurigo. In tale occasione venne presentata una mostra personale dedicata a Merz che raccoglieva quasi 20 Igloo, considerati, ieri come oggi, emblematici della sua produzione artistica, nella volontà di formare una sorta di “villaggio”, “costellazione” da far percorrere al visitatore. Negli spazi di Pirelli Hangar Bicocca questa costellazione si è oggi ampliata a 30 lavori, un risultato dovuto all’ampio arco temporale preso in considerazione, che pone la mostra come la più grande retrospettiva fino ad ora realizzata sull’artista.


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Mario Merz - Igloo di Giap, 1968 - Installation view - Pirelli Hangar Bicocca, 2018

ll percorso espositivo si sviluppa secondo un andamento cronologico fatta eccezione per

due opere: La goccia d’acqua (1987) e Senza Titolo (doppio igloo di Porto) (1998) poste rispettivamente ad apertura e chiusura della mostra.

La goccia d’acqua occupa il grande spazio iniziale della visita: è infatti il più grande igloo realizzato da Merz per uno spazio museale, pertanto necessitava di una scelta espositiva che ben contenesse e mettesse in luce certe dimensioni. La struttura presenta un’anima semisferica in metallo completamente ricoperta da vetri e numeri al neon e attraversata da un tavolo triangolare al cui vertice si trova un rubinetto dal quale gocciola dell’acqua. Posizionata nei grandi e silenziosi spazi di Hangar Bicocca l’opera in questione risulta di grande impatto visivo e uditivo: quest’ultimo è infatti sollecitato dallo scorrere continuo dell’acqua che ci trasporta in un mondo altro, in una temporalità differente da quella esterna, anticipando uno “scorrere del tempo” che sembra porsi come trait d’union all’interno della mostra.

Continuando il percorso si incontra Igloo di Giap (1968), primo igloo realizzato dall’artista, che se da una parte rappresenta un punto di arrivo nei confronti delle sperimentazioni degli anni ’60 tese a superare la bidimensionalità della tela, dall’altra si pone come punto di partenza per una nuova indagine sulla forma, in questo caso dell’igloo, che sarà portata avanti, alla luce di questa conquista della tridimensionalità, per ben quarant’anni. Da qui il via al dispiegarsi degli igloo che vanno ad letteralmente ad abitare lo spazio secondo un andamento ritmico determinato dalla loro diversità di dimensioni e materiali. E’ interessante vedere come nell’eterogeneità dei lavori, questi riescano a trovare una loro unità e coerenza non solo nel loro essere chiaramente igloo ma anche nell’aderenza all’elemento temporale.

Quest’ultimo riecheggia infatti in tutta la mostra: da una parte per la cronologia delle opere in cui continuamente si incorre, dall’altra per il focus sulla velocità dello scorrere del tempo che, elemento intrinseco di molti lavori, si esplicita nelle sequenze di numeri appartenenti alla Serie di Fibonacci. Questa, da sempre considerata da Merz come visualizzazione della velocità, dell’energia che sta alla base di ogni fenomeno di crescita naturale, si pone come visualizzazione anche del tempo legando ancor più queste opere al loro essere frutto di un processo, appunto, temporale. A rafforzare questo principio è la presenza sulla sommità della parete destra della navata di alcuni numeri che così disposti sembrano, con tutto il loro “peso”, raccogliere sotto di sé questa “costellazione” di igloo.

Mario Merz. Igloos

Periodo:  25 Ottobre 2018 - 24 Febbraio 2019 Orario di apertura: da lunedì a mercoledì: chiuso. Da giovedi a domenica: 10-22

Dove: Pirelli Hangar Bicocca

Via Chiese, 2, 20126 Milano MI https://www.hangarbicocca.org


- Giulia Zompa


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Mario Merz - Senza Titolo, 1985 - Installation view - Pirelli Hangar Bicocca, 2018


 
 
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