top of page

Dal 30 novembre 2025 al 16 febbraio 2026, ME Vannucci presenta mi piacerebbe rimanere qui un po' più a lungo, la prima mostra personale di Erika Pellicci negli spazi della galleria.


Erika Pellicci, Angela compra le sigarette
Erika Pellicci, Angela compra le sigarette

Ventidue fotografie inedite – tra cui tre grandi stampe su stoffa – costruiscono un percorso intimo e sospeso, accompagnato da un testo di Moira Ricci, che amplifica la dimensione emotiva e meditativa del progetto.


Entrare nella mostra è come varcare la soglia di una camera degli ospiti: uno spazio familiare, ma mai del tutto nostro. Pellicci trasforma questo luogo in un ambiente di transizione, dove memoria, cura e fragilità convivono. Qui si depositano tracce che appartengono tanto al passato quanto al presente, rese visibili attraverso immagini che evocano gesti, presenze, attese. Ogni fotografia diventa un invito a fermarsi, ad abitare lo sguardo dell’artista come ospiti che osservano senza disturbare, consapevoli della delicatezza dell’intimità altrui.


Le immagini di Pellicci funzionano come inviti discreti: ciascuna chiede allo spettatore di fermarsi, di sostare nel territorio intimo in cui l’artista colloca la propria vulnerabilità. Le fotografie, costruite con grande attenzione al gesto e al corpo, diventano luoghi di ascolto: soglie visive che interrogano la misura del nostro stare, il modo in cui osserviamo e, inevitabilmente, ci confrontiamo con ciò che è fragile, mutevole, umano.


Erika Pellicci, Casa di Andria
Erika Pellicci, Casa di Andria

Classe 1992, originaria di Barga e formata tra Firenze e Bologna, Erika Pellicci si è imposta negli ultimi anni come una delle voci più originali della giovane fotografia italiana. La sua pratica, che intreccia fotografia, video e performance, esplora i confini tra identità e metamorfosi, tra appartenenza e perdita. Un percorso che l’ha portata a esporre in istituzioni italiane e internazionali, dalla Biennale Giovani di Monza al Lishui Photography Festival in Cina, ottenendo premi e riconoscimenti come lo Spada Partners Prize 2024 a Torino.



Erika Pellicci, Uno.. due.. the.. STELLA
Erika Pellicci, Uno.. due.. the.. STELLA

mi piacerebbe rimanere qui un po' più a lungo è dunque una dichiarazione e una promessa: il desiderio di sostare, di restare in un luogo che non è mai del tutto nostro, ma che ci interroga proprio per questo. Una mostra intima e sospesa, in cui il tempo sembra dilatarsi e la fotografia diventa spazio d’ascolto, di attesa, di possibilità.


Galleria ME VANNUCCI

Via Gorizia, 122 Pistoia


Date

30 novembre 2025 - 16 febbraio 2026

 
 

Con The Endless Diagram, in apertura il 29 novembre, la galleria P420 dedica a Laura Grisi un nuovo approfondimento che promette di ridefinire la lettura della sua opera.


Shiota Chiharu, Uncertain Journey, 2016/2019
Laura Grisi, Senza titolo/Untitled, (1964-65)

La mostra, curata da Marco Scotini, rappresenta un capitolo fondamentale nella ricostruzione del percorso dell’artista, grazie al recente ritrovamento – nell’Archivio Grisi – di una serie di lavori realizzati tra il 1961 e il 1965 e rimasti finora inesposti. Un nucleo prezioso, che consente di osservare con una prospettiva radicalmente nuova gli esordi di una figura da tempo riconosciuta come una delle più originali dell’arte italiana del secondo Novecento.


Ben prima che la critica la associasse in modo quasi esclusivo alla Pop Art italiana, Laura Grisi (Rodi, 1939 – Roma, 2017) aveva già dimostrato una capacità straordinaria di captare e rielaborare i linguaggi internazionali del suo tempo. Le opere dei primi anni Sessanta, riproposte per la prima volta dopo sessant’anni proprio in questa occasione, testimoniano una sorprendente sintesi tra l'immaginario consumista della Pop, le ricerche sulla percezione ottica, le strutture modulari della Minimal Art e l'interesse, allora nascente, per gli aspetti performativi e processuali che avrebbero alimentato Arte Povera.


È il momento in cui la società dei consumi si espande e, parallelamente, si incrina. Gli artisti oscillano tra fascinazione per la modernità e rigetto per la sua deriva alienante. Grisi intercetta già allora questo duplice movimento: da un lato utilizza oggetti, segni e immagini del quotidiano; dall’altro introduce riflessioni sul ruolo dello spettatore, sul rapporto tra tecnologia e percezione, sulla possibilità di trasformare l’esperienza dell’arte in un processo mentale e sensoriale.


Philip Guston If This Be Not I 1945 Mildred Lane Kemper Art Museum. Univerity purchase, Kende Sale Fund, The Estate of Philip Guston, courtesy Hauser & Wirth
Laura Grisi, Subway, 1967

Il progetto espositivo di P420 mette così in dialogo queste opere giovanili con alcuni lavori degli anni Settanta, periodo in cui Grisi dà vita alla serie Natural Elements, installazioni che riproducono artificialmente fenomeni atmosferici come pioggia, vento o sabbia in movimento. Qui la natura non è imitata, ma ricreata come dispositivo percettivo, mentale, tecnologico: un approccio che segna in modo inequivocabile il carattere unico della sua ricerca, sempre sospesa tra scienza e sensazione, tra artificio e archetipo.


The Endless Diagram non è dunque una semplice mostra retrospettiva, ma un’operazione critica di ricomposizione. P420 prosegue così un lavoro pluriennale di riscoperta, offrendo una lettura finalmente completa e stratificata dell’opera di Grisi, anticipatrice di molte questioni oggi centrali: la smaterializzazione dell’immagine, la relazione tra tecnologia e natura, la dimensione immersiva dell’esperienza artistica.


Laura Grisi, Seascape, 1966
Laura Grisi, Seascape, 1966

A sessant’anni dalle sue prime esposizioni, la forza del lavoro di Laura Grisi appare più attuale che mai: un diagramma senza fine, capace di rinnovarsi continuamente e di restituire all’arte la sua vocazione a interrogare – e trasformare – il reale.


P420

Via Azzo Gardino, 9, 40122 Bologna


Date

29 novembre 2025 - 24 gennaio 2026

 
 

Dal 15 novembre 2025 al 1° marzo 2026 Ca’ Pesaro, Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Venezia, celebra Gastone Novelli con una grande mostra monografica allestita negli spazi del secondo piano.


Shiota Chiharu, Uncertain Journey, 2016/2019
Gastone Novelli, N. 1 Miles, 1961

Curata da Elisabetta Barisoni e Paola Bonani, in collaborazione con l’Archivio Gastone Novelli di Roma, l’esposizione rende omaggio a uno dei protagonisti più innovativi della pittura italiana del secondo dopoguerra, nel centenario della sua nascita.


Novelli (Vienna 1925 – Milano 1968) attraversa con la sua ricerca alcune delle questioni cruciali dell’arte contemporanea, spingendo la pittura verso territori inesplorati, in cui parola, segno e immagine convivono in un equilibrio poetico e rivoluzionario. A Venezia, città fondamentale nella sua vicenda artistica, arrivano oggi sessanta opere che raccontano il periodo più intenso della sua produzione, dal 1957 al 1968. Un arco temporale breve, ma capace di restituire una straordinaria densità di visioni, idee e trasformazioni.


La mostra si apre con i lavori informali della seconda metà degli anni Cinquanta, in cui la scrittura appare come traccia visiva e narrante. È il caso di Era glaciale (1958), una delle due opere donate dagli eredi al museo: un dipinto che sembra emergere da una dimensione sospesa, “apparizione di un linguaggio magico”, come lo definiva lo stesso artista. Negli anni Sessanta, Novelli abbandona l’Informale per dare vita a una nuova figurazione segnica: tele fitte di parole difficili da decifrare, alfabeti reinventati, simboli arcaici e frammenti di pensiero che costruiscono un vero e proprio atlante personale della conoscenza. Opere come Dizzy (1960), Il re delle parole (1961) o Thelonious (1960) mostrano una pittura che dialoga con poesia, musica, linguistica, scienza e psicanalisi.


Philip Guston If This Be Not I 1945 Mildred Lane Kemper Art Museum. Univerity purchase, Kende Sale Fund, The Estate of Philip Guston, courtesy Hauser & Wirth
Gastone Novelli, II Sala del museo, 1960

Due sale sono dedicate alle sue partecipazioni alla Biennale di Venezia del 1964 e del 1968, momenti decisivi della sua carriera. Nel 1964 Novelli presenta una serie di “pagine bianche”, opere visionarie che si oppongono per tono e intenzione alla Pop Art allora trionfante. Nel 1968, invece, compie uno dei gesti più radicali della storia della Biennale: rivolta i quadri verso il muro e scrive sul retro “La Biennale è fascista”, diventando simbolo di una stagione di protesta che avrebbe cambiato per sempre la manifestazione.


Il percorso espositivo include anche le opere nate dai suoi viaggi in Grecia e la serie di montagna del 1964, oltre alla seconda importante acquisizione veneziana, Allunga il passo amico mio (1967), realizzata per il ristorante All’Angelo e oggi entrata nelle collezioni civiche.


Gastone Novelli, Dizzy, 1960
Gastone Novelli, Dizzy, 1960

Oltre a celebrare l’artista, la mostra rappresenta un punto di arrivo per gli studi novelliani: dalle ricerche dell’Archivio Gastone Novelli al Catalogo Generale del 2011, fino alle recenti esposizioni internazionali. A Ca’ Pesaro, il lavoro di Novelli torna vivo, vibrante, capace ancora di interrogare il presente con la forza di un linguaggio inesauribile.


Galleria Internazionale d’Arte Moderna

C. del Tentor, 2076


Date

15 novembre 2025 - 1 marzo 2026

 
 
bottom of page